Nonostante le tante opportunità più o meno garantite offerte agli italiani, il deposito su conto corrente resta una forma di risparmio ancora molto amata ed ultilizzata nel nostro Paese. Non si tratta di una forma di risparmio evoluta e nella stragrande maggioranza dei casi comporta anche il pagamento di un canone mensile o annuo.

Eppure gli italiani sembrano non poterne fare a meno. In parte perché costituisce un requisito per accedere ad altri servizi come la domiciliazione delle bollette, in parte perché consente di entrare in possesso di liquidità sempre, a tutte le ore del giorno de della notte.

Secondo un’elaborazione di dati provinciali di Abi e Banca d’Italia da parte de Il Sole 24 Ore del Lunedì i soldi che gli italiani tengono presso lo sportello di fiducia sono leggermente aumentati nel corso dell’ultimo anno (+3,6%). A fine 2006 i depositi hanno superato i 727 miliardi di euro contro i quasi 703 rilevati al 31 dicembre 2005 (l'importo è costituito per la stragrande maggioranza dai risparmi delle famiglie).

Ripartendo questa somma tra i circa 59 milioni di italiani si ottiene un valore pro capite di oltre 12.300 euro (circa 11.950 nel 2005). Anche il gruzzoletto pro-capite è lievemente cresciuto (+350 euro circa) nel corso dell’ultimo anno. Ma si tratta, naturalmente, di stime che vanno “prese con le pinze”: buona parte degli italiani non ha un conto in banca e "il fatto di tenervi parcheggiata una cifra ridotta può indicare un basso reddito o, al contrario, un profilo evoluto – commenta Giuseppe Capuano, dirigente responsabile del Centro studi e ricerche dell'Istituto Tagliacarne – che preferisce destinare i propri investimenti a strumenti più redditizi anche se più rischiosi. Senza contare che i depositi in banca rappresentano una quota ridotta dei risparmi degli italiani e che al Sud molte famiglie preferiscono le Poste".

Volendo scendere ancora più nel dettaglio delle realtà provinciali emerge che i lodigiani più di altri hanno incrementato i propri depositi (+16%), seguiti dagli abitanti di Campobasso e di Novara (vicini a un +15%). Si collocano al di sopra del 10% anche altre tre province (Ancona, Torino e Trieste).

Gli incrementi variano molto da provincia a provincia e non mancano persino situazioni di regressione: vi sono infatti dei cali che, in alcuni casi risultano abbastanza drastici. E’ il caso, ad esempio, dei bolognesi i cui conti correnti sono scesi del 6,6% (dai 19.800 euro ai 18.500 circa) e di altre otto province, tra cui solo un'altra di grandi dimensioni, quella di Palermo.

Nel complesso, esclusi i pochi "bilanci in rosso", l'estratto conto nel 2006 è cresciuto quasi in tutte le province. Nella metà circa la variazione è superiore alla media nazionale, con differenze abbastanza evidenti sia per livelli di Pil pro capite sia per l'importo in banca.

"La maggiore tendenza a mettere i soldi in banca risulterebbe, dall'elaborazione, pressoché generalizzata – commenta Capuano –. Questo trend nei depositi che, lo ricordiamo, rappresentano soltanto una delle voci del risparmio delle famiglie, potrebbe essere conseguenza del momento di elevata incertezza e di difficoltà nei consumi. Sembrerebbe che gli italiani, che negli anni 50 e 60 erano ai primi posti nel mondo insieme al Giappone per propensione al risparmio, ora, dopo la parentesi degli anni 80 e 90, tornino a prestare maggiore attenzione al loro portafoglio e a una riorganizzazione della destinazione del loro reddito".

Se si guardano invece gli importi è innegabile un divario a livello provinciale tra Nord e Sud: dai milanesi ed i triestini (rispettivamente con 28mila e 26mila euro) agli abitanti di Vibo Valentia, Enna, Reggio Calabria o Crotone, dove il valore pro capite non arriva a 5mila euro.