A differenza di ciò che si può comunemente pensare, il principale vantaggio che hanno i programmi open source, a livello generale non è di tipo economico, anche se il risparmio dei costi delle licenze può arrivare al 100% e sui costi complessivi fino al 50%. Gli esperti, in maniera pressoché unanime, ritengono che il software libero abbia 2 fondamentali vantaggi rispetto ai software proprietari (soggetti a licenza):
– qualità maggiore (solidità e affidabilità): in quanto sviluppato e mantenuto da una comunità mondiale di sviluppatori che lo migliorano in continuazione e rendono disponibili questi miglioramenti a tutti
– modificabile e personalizzabile: a seconda delle esigenze dell’azienda, in quando il codice sorgente – ovvero le istruzioni che fanno funzionare un programma – è disponibile gratuitamente a tutti coloro che lo vogliono utilizzare

Ci sono molti altri aspetti positivi per l’azienda nell’introduzione di un software open source oltre a, naturalmente, qualche limite che riguarda in particolar modo l’Italia, dove il mercato dell’Open Source è ancora in una fase di crescita iniziale Per quanto riguarda i vantaggi economici che l’adozione di un software Open Source consente, la loro entità è variabile. Dipende infatti da quanto lavoro di configurazione e, soprattutto, di personalizzazione deve essere fatto sul software-base.

Nel caso di programmi che possono essere scaricati gratuitamente ed immediatamente installati sul PC (come ad esempio la suite Open Office oppure tanti programmi di utilità quali anti-virus) il risparmio è del 100%, nel senso che si risparmiano in toto i costi delle licenze. In molti altri casi (ad esempio per sistemi operativi ed applicazioni lato server) sono richiesti interventi più o meno importanti di configurazione e di personalizzazione. Questo è tanto più vero quanto più un programma è verticale, cioè specifico di un certo settore o filiera produttiva. Il caso estremo è quello degli ERP e dei sistemi gestionali che, per la loro complessità, richiedono spesso un lavoro di analisi preliminare e di sviluppo significativo. Anche in questo caso, comunque, le casistiche già applicate riportano risparmi dal 30 al 50% rispetto ad un software soggetto a licenza.

Ma anche nei casi in cui il lavoro di personalizzazione di un software Open Source è particolarmente significativo, ciò che lo distingue nettamente rispetto ad un software chiuso, soggetto a licenza, è che una volta personalizzato ed installato il programma rimane nel pieno possesso dell’azienda. Questo significa: o niente licenze da pagare o eventuali modifiche ed implementazioni possono essere fatte da qualunque sviluppatore, svincolandosi di fatto dal fornitore iniziale, che può essere particolarmente vessatorio. Soprattutto se si tratta di grandi brand internazionali. o il programma Open Source è per sua natura facilmente integrabile (gli esperti direbbero “interoperabile”) con altri software Open Source che, ad esempio, si appoggiano sullo stesso sistema operativo che, nella maggioranza dei casi è Linux. Un esempio molto noto di programmi Open Source che vengono installati assieme è la cd architettura LAMP (Linux, Apache, MySQL,Php) per i server Web: gratuita, facilmente utilizzabile (la quasi totalità delle distribuzioni Linux hanno questi applicativi già inclusi) e collaudata, rappresenta la punta di diamante delle tecnologie dal codice aperto. Ma come mai l’Open Source in Italia non ha “sfondato” come in altri paesi? Secondo l’Istat (2007) in Italia solo il 12,2% delle imprese adotta tecnologie OS; il 38,7% delle aziende oltre 250 addetti. Quindi assistiamo all’apparente paradosso che il software libero è poco presente proprio in quelle piccole-medie imprese che avrebbero i massimi benefici dalla sua introduzione, in primis di carattere economico.

Quali sono i motivi di questa difficoltà di inserimento del software Open Source nelle PMI?
In primis c’è un problema di conoscenza. Molte di queste piccole realtà non hanno al loro interno competenze informatiche e ricorrono quasi totalmente a consulenti esterni. Giova dire che questi – spesso per motivi di tornaconto personale – hanno più interesse a far acquistare pacchetti software chiusi soggetti a licenza.

Ancora molte aziende associano i programmi OS a software/applicazioni di bassa qualità disponibili sul web. Al massimo concepiscono applicazioni di comunicazione quali Skipe, ma pochi sanno, ad esempio, che il software libero copre ormai la totalità delle applicazioni utilizzate dalle aziende, dai programmi CRM (di gestione del contatto con i clienti) fino ai sistemi gestionali (che integrano funzionalità di produzione, logistica, vendita e finanza). E’ peraltro vero che alcuni programmi OS concepiti per il mondo anglosassone non sono stati ancora adeguatamente “localizzati” (potremmo dire “tradotti” in un senso ampio del termine) per l’Italia. Per fare un esempio concreto, il sistema gestionale OS Compiere (https://compiereitalia.dev.java.net) ha avuto il modulo amministrativo completato con le specifiche italiane solo lo scorso anno (2008).

Un altro ostacolo alla diffusione del software OS tra le PMI è la scarsità di risorse preparate che possano seguire un progetto del genere. Le aziende non le hanno al loro interno e all’esterno non percepiscono una rete di fornitori capillare come invece succede per il software soggetto a licenza.

In più le software house che propongono le soluzioni Open Source sono poco visibili: perché sono troppo piccole per farsi pubblicità o perché spesso quelle più grandi non si propongono come fornitrici di software libero perché hanno più convenienza ad “incorporarlo” in loro soluzioni proprietarie di cui fanno pagare profumata licenza alle aziende clienti. Potremmo concludere con una battuta: “Il software Open Source c’è ma non si vede – o meglio – non conviene farlo vedere alle aziende. Guai mai si accorgessero che è gratis!”

cura di Marco De Albertihttp://www.mercatoglobale.com