L'introduzione del processo societario (D. Lgs. n. 5/03), che rappresenta una delle principali novità in materia processuale civile degli ultimi anni, non ha tenuto fede alle aspettative.

Stiamo parlando infatti di una disciplina speciale, formatasi con lo stratificarsi di successivi interventi normativi, che aspira ad una propria autonomia ma che non può non integrarsi con le regole del codice di rito per tutti i numerosi aspetti non espressamente regolamentati.

Sebbene questo nuovo modello processuale non sia stato ancora esteso alla generalità dei procedimenti civili, come pure inizialmente prospettato, esso riveste un notevole interesse sia sul piano teorico che su quello pratico.

Da un lato, sono stati introdotti meccanismi operativi che si allontanano decisamente da quelli tradizionali del codice di procedura civile e quindi richiedono di essere conosciuti e approfonditi per essere utilizzati in modo efficiente; dall'altro, la non completezza delle regole processuali previste per le controversie "societarie" costringe l'interprete ad una delicata opera di coordinamento con le altre disposizioni del codice e delle leggi speciali.

A circa tre anni dall'entrata in vigore della riforma, tuttavia, l’Unione delle camere civili – durante il congresso Nazionale tenutosi di recente a Napoli – ha espresso in maniera sensibile le proprie perplessità nei confronti di un procedimento che contrariamente alle attese si è dimostrato poco “scorrevole” complicando inevitabilmente l’attività dei difensori.

A tal riguardo da più parti si è sottolineato come risulti fortemente indispensabile una più generale riorganizzazione del processo che abbia come principio cardine la semplificazione di quelle pluralità di riti in cui il diritto processuale civile si è andato via via frammentando. Il D.Lgs. n. 5/03 è nato in realtà proprio allo scopo di accelerare le croniche lungaggini della giustizia ordinaria. Al contrario l’esperienza, anche se di soli tre anni, ha fatto emergere i difetti di questo procedimento che essendo carente di termini perentori prima dell’intervento del giudice comporta una “ interminabile” fase preparatoria.

Il rito “societario” quindi, oltre a comportare una parcella per il cliente non irrilevante a causa dei numerosi atti che gli avvocati si scambiano, rivela la sua imperfezione nel momento in cui il contenzioso riguarda più parti in quanto la mole di memorie difensive che migra tra i vari studi legali diventa ingestibile. Ma nonostante il carattere necessariamente limitato dei dati statistici, è già possibile dopo aver compiuto alcune verifiche trarre utili indicazioni e tracciare un primo bilancio.

E' emerso, infatti, che il rito “societario” non funziona e la durata delle cause non accenna a diminuire. Gli avvocati e i magistrati, pertanto, a causa delle difficoltà incontrate sul fronte delle liti commerciali stanno tornando a prediligere il rito ordinario che nel frattempo è stato modificato con il cosiddetto pacchetto competitività (legge 80/05).