Anche nel Belpaese la crisi impone una revisione dei consumi alimentari. Il paese celebre nel mondo per la sua pizza, gli spaghetti e la dieta mediterranea fa i conti con una liquidità più ristretta. E adegua le scelte nei supermercati e a tavola al calo dei soldi disponibili a fine mese.

Nelle prime 33 settimane del 2010, stando ai dati diffusi con il Rapporto Coop 2010, la grande distribuzione ha registrato una flessione, trand negativo che prosegue quello già individuato nel 2009.

A soffrre molto sono stati anche i prodotti di prima necessità come:
– la pasta (-2,8%)
– le conserve a base di pomodoro (-2,3)
– l’olio di oliva (-1,7%)
– l’olio di semi (-5%)

Tra le principali ragioni responsabili di queste performances negative sono soprattutto la crisi e l’incremento della disoccupazione. Laddove infatti, nel nucleo familiare si rileva un disoccupato, la borsa della spesa è inferiore mediamente di 330 euro al mese. Un analogo fenomeno potrebbe anche riguardare i nuclei familiari in cui vi è un cassintegrato, sebbene non vi siano datti attualmente disponibili che lo confermino.

Cosa accadrà quando la ripresa economica si registrerà in maniera decisa anche nel nostro Paese? La risposta non è affatto scontata. La ricerca Coop, infatti, mette in evidenza un fenomeno alquanto nuovo: il 73% degli italiani ha dichiarato di aver modificato il proprio stile dei consumi in ragione della crisi, puntando al risparmio. I tagli hanno riguardato le ferie annuali (per il 45% degli intervistati) ed i consumi alimentari (il 44%). Di questi i primi sperano di tornare presto a godere delle ferie, mentre circa la metà dei secondo afferma che anche in virtù di una ripresa continuerà presumibilmente a risparmiare sulla spesa.

Questo fenomeno, detto di polarizzazione dei consumi, esiste e va analizzato secondo alcuni addetti ai lavori. In questo periodo la crisi sta portando a rivedere i consumi alimentari: paradossalmente sta portando ad un cambio nel paniere sempre più composto da paste fresche, snack surgelati, pizze congelate ed altri piatti pronti. Mentre crollano inesorabilmente alcuni prodotti come i formaggi freschi (-18%), le pizze surgelate registrano un vero e proprio boom (+17%); al calo dei pelati e passate di pomodoro (-11%), corrisponde un incremento sostanziale delle paste fresche ripiene (+12%).

Questo fenomeno dipende molto da come gli italiani stanno affrontando òla crisi: spesso le famiglie non potendosi permettere una cena al ristorante optano per serate in casa in cui però non si fanno mancare qualche prelibatezza. O altrimenti si tendono a premiare locali economici ma genuini: è il caso, ad esempio, dei Ristoranti Rana. Ce ne sono ben 22 aperti in tutta Italia. Durante il week end questi locali sono sempre affollati. La scelta di offrire menù economici, con piatti completi a soli 4-5 euro rappresenta un indubbio vantaggio per chi vuole uscire la sera senza dover per forza ripiegare sul panino.

Anche Federalimentare condivide l’allarme sulla polarizzazione dei consumi, rilevando un pericoloso rischio che si generi un cambiamento strutturale dei consumi, in conseguenza dalla crisi. I fenomeni oggi emergenti sono da un lato l’affermazione del discount e dall’altro la predilezione per prodotti di nicchia. Questo finirebbe inevitabilmente con lo schiacciamento “della fascia intermedia dell’offerta che punta su una qualità dell’offerta accessibile”.

Un dato positivo per il settore giungerà ad ottobre quando la nostra dieta alimentare sarà ufficialmente riconosciuta dall’Unesco come “patrimonio dell’umanità”. Per gli operatori del settore potrà essere un nuovo volano di crescita, soprattutto sui mercati internazionali.