Nei tempi duri, sono i duri a vincere. Non è il titolo di un western all’italiana. E’ come si presenta lo scenario del’e-commerce in Italia dallo studio dell'Osservatorio Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano. Infatti anche nel 2008 si segnala una crescita a 2 cifre (21%) delle vendite generate dai siti di commercio elettronico in Italia che si assestano sui 6 miliardi di euro.
L’incidenza sul totale delle vendite al consumo è di poco superiore all’1%. Poco se confrontata con quella media europea (attorno al 7%) o di alcuni paesi come USA e UK (oltre il 10%).

Ma ci sono alcune tendenze in atto – che si stanno accentuando in questo periodo di crisi – che sembrano preludere ad un ulteriore e forte sviluppo dell’e-commerce anche in Italia.

In primo luogo dal lato degli utenti, vi è una crescita nella dimestichezza all’utilizzo della rete nel processo di acquisto. In particolar modo sono molto usati i motori ricerca (95% degli utenti web), i portali specialistici (come Ebay) ed i siti di comparazione prezzi tipo Kellkoo (45%). In tempi di ristrettezze diventa fondamentale la ricerca delle migliori condizioni di acquisto.

In secondo luogo il web può rappresentare per molte aziende – soprattutto PMI – l’unico canale di vendita accessibile per raggiungere nuovi mercati, in Italia ma soprattutto all’estero. Ci sono molte piccole-medie aziende, soprattutto del made-in-Italy che hanno ottimi prodotti ma non hanno distributori o negozi propri. Realizzare un progetto di e-commerce e promuoverlo online ha dei costi oggi largamente affrontabili anche per una PMI.

Anche per aziende più strutturate, che già hanno una distribuzione “fisica”, il web rappresenta un canale di vendita alternativo che può raggiungere consumatori che altrimenti sarebbero fuori portata. Inoltre – dati i bassissimi costi di intermediazione – consente di proporre sul mercato prodotti a prezzi che possono essere del 40-50% inferiori rispetto alla distribuzione tradizionale.

In Italia sono gli operatori online (le cd DOT.com) a gestire principalmente i siti di e-commerce (circa il 50% del totale). Questo perché vi è ancora ritrosia da parte delle aziende produttrici e della grande distribuzione (a parte qualche caso come Esselunga e MediaWorld) ad investire in un canale alternativo come l’e-commerce. A volte c’è la paura di cannibalizzare la distribuzione tradizionale, a volte mancano risorse e competenze. Il rischio della cannibalizzazione tra canali è certamente inferiore ai vantaggi provenienti dalla possibilità di raggiungere il consumatore nei vari momenti della sua vita.

Il commercio elettronico va pensato in modo integrato: il consumatore, infatti, a seconda del momento della giornata e del luogo in cui si trova può scegliere canali differenti. Ma la possibilità di fidelizzarlo al proprio brand in ognuno di questi è un vantaggio competitivo che in Italia pochissimi hanno colto fino ad oggi.

Per quanto riguarda la carenza di risorse e competenze da parte delle aziende, oggi sul mercato si stanno affermando operatori come Calicantus, consulenti e gestori per conto delle aziende del business online.

Quindi non solo per realizzare il catalogo online, ma per curare l’immagine del sito e promuoverlo online. E poi curare tutta la gestione dell’e-commerce: dalla relazione con il cliente, alla fatturazione e spedizione della merce, fino alla gestione finanziaria.

a cura di Marco De Albertiwww.mercatoglobale.com