In rosso la produzione e il fatturato generato a livello mondiale dal comparto Tessile/Abbigliamento.

Nel nostro Paese nel corso del 2003 il fatturato si è ridotto in media del 4,3% con una perdita di circa 20 mila posti di lavoro. Numeri preoccupanti che impongono una riflessione approfondita e la ricerca di nuove strategie per il nuovo mercato globale. Quale la ricetta per le aziende che operano nel settore? Offerta di prodotti originali, altamente distintivi, capi che rispondono al gusto ed alle aspettative dei consumatori e, soprattutto, di qualità. Migliorare filati, tessuti e finissaggi da un lato e, dall’altro, creare una fitta rete di rapporti tra fornitori.

Solo così le circa 58.000 aziende industriali ed artigiane sia di medie che di piccole dimensioni (a cui si aggiungono altre 10.000 imprese a conduzione familiare) che operano nel settore moda italiano potranno sopravvivere nel mercato e battere la concorrenza. Unità e interazione all’interno della filiera, oggi articolata in una serie di “distretti industriali”, ognuno con una sua specializzazione: distretti che fondono, al loro interno, soluzioni tecniche ed organizzative avanzate con la tradizione artigiana, fino a diventare, nei casi più estremi, un elemento fondamentale delle relazioni sociali, della cultura locale e, naturalmente, delle pratiche di business.

Gli esempi più rilevanti sono rappresentati dalle province di Biella, dove il Tessile/Abbigliamento occupa oltre il 60% degli addetti dell’industria, Prato, Teramo e Rovigo (oltre il 30%); Como, Mantova, Varese, Arezzo, Firenze e Pistoia (oltre il 25%); Novara, Bergamo, Padova, Vicenza, Perugia, Pescara e Lecce (oltre il 20%).