Cresce a livello mondiale la tendenza ad affidare all’esterno attività, aree aziendali e, di recente, anche interi processi produttivi (il Business Process Outsourcing o BPO).

Dopo le grandi organizzazioni di fama mondiale (vedi la Accenture, società americana che offre servizi per le imprese con più di un terzo del suo fatturato provengono dall'outsourcing, l’IBM il cui fatturato relativo all'outsocurcing è aumentato del 13% e la Procter & Gamble, colosso mondiale del largo consumo) anche le piccole e medie realtà produttive di casa nostra vi ricorrono in maniera sempre più massiccia.

Esternalizzare i processi significa, in concreto, affidare all’esterno il marketing, la contabilità, la gestione dei reclami, e, ultimamente, anche risorse umane, finance, accounting e procurement addirittura in alcuni casi le vendite.

Tra le ragioni principali che spingono a questa vi è certamente la possibilità di ridurre i costi e il bisogno crescente di flessibilità ed agilità di struttura.

Una scelta che però, è bene precisarlo, va ponderata bene. Perché se da un lato consente di concentrarsi sul proprio core business, dall’altro comporta un’inevitabile perdita di controllo sui processi.

Per tutte le aziende il consiglio è ricorrere all’outsourcing solo dopo aver valutato bene rischi/opportunità e, soprattutto, scegliere bene i propri fornitori.