I dati sono impressionanti e fanno riflettere: ogni giorno 40 milioni di utenti Internet in America (circa un terzo del totale) navigano sul web senza scopi particolari se non trascorrere del tempo e divertirsi (possibilmente).

Il recente studio curato da Pew Internet life indica nel divertimento la terza attività più popolare tra gli utenti della Rete, alle spalle solo dello scambio di e-mail e delle ricerche sui motori. Il fenomeno non riguarda solo i giovani, come sarebbe logico attendersi: una recente indagine curata da eMarketer dimostra che la metà dei frequentatori di YouTube ha più di 35 anni. E' un trend rilevante se è vero che il numero di questi utenti per così dire “goderecci” si è raddoppiato nel corso di un paio d’anni. L’ affermarsi di siti di user generated content (come YouTube e I-tune) dove è possibile scaricare e scambiare filmati, musica, animazioni ecc. in modo anche del tutto gratuito ha rappresentato un fattore rilevante nell’alimentare questa tendenza. Lo stesso grande sviluppo che hanno avuto i cd social networking (come ad esempio MySpace e LinkedIn) dove gli utenti sono invogliati a relazionarsi anche in modo molto informale per conoscersi, scambiarsi esperienze, passioni, ecc.

Come fattore di facilitazione rispetto a questo fenomeno dobbiamo anche segnalare il diffondersi molto rapido di connessioni ad alta velocità che consentono di scaricare (e caricare) files da Internet anche di dimensione molto consistente in tempi relativamente brevi.

Nonostante l’enorme successo riscosso da siti di user generated content e social networking, gli investimenti pubblicitari in questi settori sono ancora molto modesti: si stima che nel 2006 saranno spesi negli USA 16 miliardi di dollari in advertising online con una straordinaria crescita del 33% rispetto al 2005. Ma solo l’1,75% (pari a 280 milioni di dollari) riguarderà questa tipologia di siti. Le agenzie e le aziende sono ancora così riluttanti a investire su questi fenomeni per due motivi fondamentali:
1. il modello del classico online advertisment (banner, intestitial, link sponsorizzato, ecc) non funziona bene in questo tipo di siti;
2. postare un commento, inserire un filmato o effettuare qualsiasi altra attività in queste community è un rischio che la maggior parte delle aziende non vuole assumersi, perché si temono le reazioni che gli utenti della Rete potrebbero avere su un determinato prodotto o servizio, magari attivando spirali di viral marketing negativo.
Per altro, i primi tentativi di comunicazione commerciale all’interno di questi siti, studiata in maniera specifica rispetto alle dinamiche delle varie community, hanno avuto esiti molto promettenti. E’ il caso ad esempio della campagna effettuata su MySpace per promuovere il film Clerks 2: i primi 10.000 che avessero segnalato il film ad un amico avrebbero avuto l’onore di vedere il proprio nome nei titoli di coda. Nel giro di 6 ore ben 180.000 persone hanno effettuato segnalato il film.

Secondo molti analisti, vi è un gap evidente tra quello che gli esperti di web marketing e gli investitori pubblicitari credono siano le motivazioni degli utenti di queste comunità virtuali e il comportamento reale online: sfruttando la facilità di interazione di Internet e la velocità del passa-parola ci sono enormi possibilità di veicolare messaggi su prodotti, servizi, iniziative delle aziende.

Bisognerebbe però avere l’umiltà e l’attenzione di inserirsi in qualità di utenti nei social network o nelle altre community per capire quali sono i meccanismi individuali e collettivi per poter proporre una propria iniziativa commerciale che potrebbe riscuotere anche un grande successo.