La progressiva affermazione di internet ha alimentato numerosi falsi miti, tra cui quello che il web ha fatto crescere la disoccupazione o comunque ha determinato la fine di più attività di quante ne sia riuscito ad alimentare.

Internet crea posti di lavoro

Ma è davvero così? Stando ai numeri sarebbe esattamente il contrario. Internet crea posti di lavoro, perché il saldo che si rileva tra i posti di lavoro creati e quelli perduti riconducibili ad Internet è positivo, con numeri che si differenziano a seconda dei Paesi e in base a quanto effettivamente si sia investito nella rete.

In tutti gli stati Internet è però promosso, stando ad uno studio condotto da McKinsey, società di consulenza, in occasione del G8 dello maggio scorso. In quella occasione il presidente francese Sarkozy chiese un prologo (l’e-G8) per analizzare l’impatto della rete sulla politica e sulla economia. Nasceva così un a ricerca comparata realizzata in 13. I paesi del G8 più Cina, Brasile, Corea del Sud, India e Svezia. Dai dati emersi, l’Italia è un Paese in ritardo, posizionandosi sempre in base alle classifiche stilate (vedi articolo sull’economia digitale e crescita).

Il ritardo italiano nell’economia Digitale

Perché l’Italia resta indietro rispetto agli altri Paesi? Per scoprirlo è stato commissionato un focus sull’Italia le cui conclusioni saranno presto rese note. Francesco Sacco, economista della Bocconi che partecipa al gruppo di lavoro che sta ultimando il rapporto, ha anticipato un dato saliente: l’occupazione. Secondo le rilevazioni effettuate negli ultimi 15 anni in Italia il web ha determinato la creazione di 700 mila posti di lavoro, quasi il doppio di quanti ne ha cancellati (380).

Il saldo netto calcolato quindi è positivo per 320 mila posti. E nonostante questo il nostro Paese è quello che meno sembra preparato a cogliere i vantaggi che il web porta con sé dal punto di vista dell’economia e della ricchezza. In Francia, tanto per avere un termine di paragone a noi vicino, si conta 1 milione e 200 mila posti di lavoro di nuova creazione nello stesso periodo esaminato per l’italia e 500 mila perduti. Il saldo, anche in questo caso, è positivo. Ma le unità sono decisamente più elevate: 700 mila. Questo significa che in Italia su 2 posti persi si contano 3 nuovi, mentre in Francia sono ben 5.

Problemi infrastrutturali 

Le ragioni della crescita più lenta in Italia vanno ricercati in una serie di motivi e cause. Tra questi soprattutto la scarsa diffusione della banda larga e quella, pressoché inesistente, della banda ultralarga (fino a 100 megabit al secondo).

“È dimostrato che ogni 10% di aumento di penetrazione della banda larga, la ricchezza di un paese in termini di Pil cresce dell’1%. E ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro” calcola Sacco.

Verrebbe da chiedersi, avendo a disposizione questi numeri, la politica non spinge sull’acceleratore su questo fronte? E come mai il tavolo aperto mesi fa dal ministro Paolo Romani con le società di telecomunicazioni ancora oggi sembra fermo?

Problemi Culturali 

Ai ritardi infrastrutturali si sommano anche barriere di natura culturale. Ancora oggi sono pochi gli italiani che sembrano aver davvero compreso l’importanza del web ed il potenziale di innovazione portato dalla rete non solo per le aziende che offrono servizi Web, ma soprattutto per le altre.

“Internet comporta una modernizzazione per tutti i settori economici e il maggiore impatto positivo si registra per le imprese tradizionali: tre quarti della ricchezza totale prodotta dalla rete viene da aziende che non si definiscono Internet player ma che hanno beneficiato dalla innovazione digitale” secondo McKinsey.

Per l’Italia è quindi fondamentale raggiungere le PMI e creare all’interno di queste imprese, che rappresentano larga parte del tessuto imprenditoriale nazionale, la consapevolezza che la rete permette di raggiungere economie di scala, penetrare nuovi mercati e accrescere la propria competitività.

Tra le priorità per il nostro Paese, dunque, c’è sicuramente quella portare la banda larga in tutta Italia. Almeno se vogliamo agganciare la crescita. Il 2015 si stima che internet possa arrivare a raddoppiare la quota percentuale sul pil, oggi pari al 2% e che la crescita annua dovrebbe essere compresa tra il 13 e il 18%. Perché aspettare allora?