Il Fondo Monetario Internazionale ha di recente rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica nelle principali aree del mondo, Usa ed Europa in testa.

La crescita 2008 è attualmente stimata intorno al 4,1% (contro il 4,4% previsto ad ottobre 2007).

Si tratta di un tasso preoccupante, il più basso degli ultimi cinque anni. E il calo non risparmierà nessuno.

E' necessario quindi prepararsi ad un'annata ancora più difficile per l’economia mondiale rispetto al 2007, quando la crescita si è attestata al 4,9%.

USA: la situazione è molto delicata, in quanto la crescita stimata è dell'1,5%, un valore che per gli standard americani rappresenta una quasi recessione. Ad ottobre 2007 si parlava di una crescita dell’1,9%, contro il 2,2% registrato nel 2007.

EUROLANDIA: in quest’area la crescita dovrebbe essere lievemente superiore agli Usa (l'1,6%), mezzo punto percentuale sotto l’outlook di ottobre e un punto in meno rispetto all’anno scorso.

ITALIA: «Seguirà le sorti dell’Europa. Il rallentamento nell’area sarà uniforme – spiega il capo economista del Fmi. Simon Johnson aggiungendo che – la crisi politica italiana preoccupa, come accade per tutti i Paesi con problemi politici». Ad ottobre 2007 il Fmi prevedeva per il nostro Paese una crescita dell’1,3%. Attualmente il tasso è sceso intorno all’1% o poco meno.

PAESI ASIATICI: anche l’Asia e le altre economie emergenti di questo continente dovranno fronteggiare questa situazione. La crescita stimata per il Giappone è dell’1,5% (vs. l’1,9% del 2007). Per i Paesi emergenti si stima un aumento del 6,9% (vs. il 7,8% del 2007). E' in calo anche l'economia cinese che quest’anno dovrebbe proseguire il trend positivo ma a tassi leggermente più bassi (10% vs. l’11,4% del 2007) e rimasti invariati rispetto all’outlook di ottobre. Questo calo, tutt’altro che preoccupante, viene definito dagli economisti una “salutare frenata”, che eviterà pericolose surriscaldamenti a carattere sociale.

EUROPA ORIENTALE: dovrebbe crescere del 4,6% e la Russia del 7%.

In testa ai rischi segnalati dal FMI per l’economia globale vi è la turbolenza dei mercati finanziari che determinerebbe una contrazione della domanda interna nei Paesi avanzati, con ricadute nelle economie emergenti e in via di sviluppo.

Segue in ordine di importanza il rischio inflazione in Europa. La Bce nella gestione della crisi finanziaria, è riuscita ad assicurare liquidità ai mercati senza compromettere la vigilanza sull’inflazione, ottenendo riscontri positivi anche da parte di altre banche centrali, della Fed e della Banca d’Inghilterra. Ma la crisi è tutt’altro che finita. «La ricaduta della crisi dei mutui – sostiene il Rapporto sulla stabilità finanziaria del Fmista raggiungendo una nuova fase in cui le preoccupazioni sul credito si allargano oltre il settore dei subprime». Per quel che riguarda i subprime ed il piano di sgravi fiscali varato dalla Casa Bianca per rilanciare i consumi e l’economia americana Johnson afferma che vanno bene, «ma non sono esportabili altrove», soprattutto in aree a rischio di inflazione. Per Dominique Strauss-Kahn, managing director del Fmi, la politica monetaria potrebbe non bastare a superare la crisi economica. «Per batterla – ha dichiarato – forse serve una nuova politica fiscale».