Un tempo si pensava che al termine del proprio percorso di studi si fosse definitivamente pronti per il mondo del lavoro. Oggi questa convinzione non sta più in piedi, scalzata dalla consapevolezza che senza un continuo aggiornamento anche dopo l'ingresso nel mondo professionale si tende a perdere competenza.

 

Come dire che l'esperienza sul campo da sola non basta se non associata ad un percorso di studio di discipline (es. l'informatica, la normativa) che possono costituire leve competitive rispetto ai concorrenti.

 

Nonostante questa consapevolezza, la formazione resta una voce in cui ancora poche aziende, soprattutto le più grandi e strutturate, magari con un proprio direttore del personale in organigramma, investono.

 

Chi invece investe, assai spesso non riesce a sfruttarne a pieno i vantaggi, limitandosi in molti casi a realizzare corsi "obbligatori" come quelli in ambito ambientale o sulla sicurezza ei luoghi di lavoro o ancora sulla privacy. Restano rari gli esempi di imprese che invece hanno creduto ed avviato percorsi formativi di reale riconversione e riqualificazione del proprio personale.

 

Quindi pochi investono e quei pochi che lo fanno senza una strategia mirata sulla crescita del proprio capitale umano.

 

Due aspetti caratterizzanti il contesto imprenditoriale italiano e su cui bisognerebbe riflettere. Come anche sarebbe utile compiere un attento controllo sui corsi attivati. Il nostro Paese, infatti in ambito europeo figura tra quelli in cui si verificano più incidenti sul lavoro. Verrebbe da chiedersi come questo sia possibile visto che  la sicurezza è tra le principali materie oggetto di corsi finanziati.