In Italia esistono diversi mercati “regolamentati”, percepiti il più delle volte come ingiusti sistemi di protezione di casta (vedi il caso dei liberi professionisti o dei giornalisti). La regolamentazione di questi mercati (le libere professioni, le licenze per i taxi, le vendite di prodotti primari come il pane, ecc.) originariamente è stata introdotta con l’intento di tutelare i cittadini.

Una tutela che il legislatore ha ritenuto di estendere a tutti quei settori ritenuti strategici (es. beni di assistenza come i farmaci o di prima necessità, come il pane) in virtù di una “asimmetria d’’informazione”, ovvero dell’assenza da parte dei consumatori di competenze per poter valutare un bene o servizio.

Facciamo un esempio concreto. Se un privato cittadino ha necessità, ad esempio, di una consulenza da parte di un avvocato o un commercialista per risolvere un problema, non sempre sceglie il più bravo, in quanto il più delle volte non è in grado di valutare le competenze o le soluzioni prospettate.

Il legislatore ha quindi cercato di porre un rimedio istituendo gli albi settoriali e gli ordini professionali che avrebbero dovuto garantire per tutti gli iscritti una comprovata competenza, professionalità e il rispetto del codice deontologico.

Sebbene a livello teorico, questo sistema non faccia una piega, in Italia, purtroppo gli albi professionali hanno finito col diventare solo strumenti di protezione per gli associati senza riuscire a garantire sempre qualità, conoscenza ed informazione al cliente. Ma non erano nati per dare assistenza ai cittadini?