L’impegno delle imprese per l’ambiente e la società civile, noto anche come Responsabilità Sociale d'Impresa, nasce intorno alla seconda metà degli anni '90, all'indomani del Summit di Rio (1992) e della stesura di Agenda 21.

In quel frangente, infatti, le Nazioni Unite invitarono le grandi aziende, soprattutto multinazionali, a porre la dovuta attenzione negli accordi commerciali con partner e fornitori alla tutela dei diritti umani dei lavoratori e dell'ambiente, perché tutti garantissero il rispetto standard minimi etici (rifiuto del lavoro minorile e delle condizioni di sfruttamento umano, pari opportunità etc.). La RSI nasce in un contesto di revisione e critica delle logiche economiche dominanti negli anni 70.

All'epoca si sosteneva che l'unica legittimazione sociale del fare impresa fosse finalizzata a massimizzare il profitto nel rispetto delle regole del gioco. Nel 2001 l’UE diffuse il libro verde sulla Responsabilità Sociale d'Impresa, un documento che fornisce le linee guida della responsabilità sociale d’impresa e contiene una prima definizione di RSI, quale adesione volontaria ad un insieme di norme comportamentali volte al miglioramento della società in generale e a partire dalla dimensione interna dell'azienda.

Nel tempo la RSI si è sviluppata in concomitanza con l’affermazione di un ruolo più attivo e critico del consumatore. Le sue scelte di acquisto hanno una ricaduta sui profitti aziendali. Se basate non più solamente su logiche di prezzo, ma anche su altri parametri (il rispetto dei diritti umani, la salvaguardia dell’ambiente, ecc), il cittadino-consumatore può orientare e incidere sulle politiche aziendali. Oggi un consumatore chiede ad un produttore come è stato ottenuto un bene, con quali risorse e se nel rispetto dei diritti fondamentali della manodopera. Questa nuovo atteggiamento ha finito con il penalizzare le imprese che hanno operato evidenti violazione di diritti umani fondamentali, tra cui Nike, Reebok, Nestlè e a favorire la crescita di aziende impegnate nel sociale (es. imprese biologiche, che operano nel turismo responsabile e/o solidale) o di iniziative di rilevanza sociale o ambientale in collaborazione tra mondo profit e no profit.

OBIETTIVI DELLA RSI
– attivare pratiche e strumenti per instaurare un rapporto con gli stakeholders basato sulla fiducia, la correttezza e la trasparenza;
– impiego equo delle risorse umane (rispetto dei diritti dei lavoratori, assenza di forme di discriminazioni sessuali, religiose e razziali, tutela della salute, promozione delle risorse umane e del capitale intellettuale e umano interno all’azienda);
– il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani;
– l’impegno diretto
in iniziative finalizzate a contribuire al miglioramento della società e alla tutela dell’ambiente (investimento nella cultura, nella ricerca, nella tutela della salute, in iniziative di solidarietà, etc.).

I VANTAGGI PER LE IMPRESE – la RSI per chi siede nei Consigli di Amministrazione è uno strumento in grado di migliorare performance finanziarie, gestione operativa e processi di coesione interna. Attraverso la creazione di “corporate culture”, centrate su valori forti e su comportamenti ad elevata legittimazione sociale, infatti, le aziende ottengono identificazione e comportamenti altamente collaborativi dai propri dipendenti. (es. Coop, Merloni, Hemkel Italia, catena Naturasì, Società Autostrade, Unipol, Telecom, etc.). Per il marketing è una nuova via al posizionamento dei prodotti e del marchio. Per i cittadini e i consumatori la Responsabilità Sociale d’Impresa è valore.

STRUMENTI DI CSR – Le spinte dei cittadini consumatori e quelle delle istituzioni hanno determinato lo sviluppo di appositi strumenti di CSR che oggi le imprese utilizzano per dimostrare pubblicamente il rispetto dei valori sociali ed ambientali nei propri cicli produttivi. I più diffusi sono i codici etici, il bilancio sociale e i report di sostenibilità, i marchi di qualità sociale e gli investimenti socialmente responsabili.

CODICI ETICI – consentono alle imprese di rendere pubblici i valori che guidano le prassi aziendali. Si tratta di una sorta di carta costituzionale e comportamentale dell’organizzazione che vengono utilizzati per prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in nome o per conto dell’azienda. Prevedono in maniera chiara ed esplicita responsabilità etiche e sociali e sanzioni per ogni singolo collaboratore. Il codice etico viene spesso adottato per promuovere la reputazione dell’azienda e creare la fiducia verso l’esterno.

BILANCIO SOCIALE – consente di rappresentare l’impatto sociale e ambientale delle attività dell’impresa e di valutare i risultati raggiunti dalle politiche di sostenibilità adottate. Garantiscono una maggiore trasparenza relativamente ai processi organizzativi, alle priorità del’impresa ed alle performance in chiave sociale, economica e ambientale, fornendo informazioni che non rientrano nei bilanci economico-finanziari (es. “qualità” del lavoro svolto, impatto del lavoro su persone e ambiente, ecc.). Il bilancio sociale integra il bilancio civilistico, senza nessun obbligo né di approvazione né di pubblicazione da parte dell’azienda. Certificazioni e marchi di qualità sociale – consentono ai consumatori di conoscere, ad esempio attraverso diciture presenti sulle etichette delle confezioni, come un prodotto è stato ottenuto. Le certificazioni sono attribuite ad aziende che rispondono a determinati standard internazionali riconosciuti. Il primo standard internazionale circa la Responsabilità Sociale di un’azienda è stata la certificazione SA8000. Può essere applicata ad organizzazioni di qualsiasi settore merceologico per valutare se stiano o meno ottemperando ad alcuni requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali. Tra i marchi di qualità sociale figurano quelli del Commercio equo e solidale (es. il marchio Transfair-Fair Label).

CAUSE RELATED MARKETING – si tratta di operazioni di marketing intraprese dalle imprese in partnership con organizzazioni non profit al fine di promuovere l’immagine aziendale, un prodotto o un servizio traendone un beneficio presso i clienti. Il primo esperimento in questo senso risale al 1983, quando la American Express diede avvio ad un’iniziativa che la vedeva impegnata nel progetto di restauro della Statua della Libertà. Il progetto prevedeva la donazione alla Fondazione Ellis Island di 1 cent per ogni transazione effettuata con la carta di credito e di 1 dollaro per ogni nuova carta emessa. In totale American Express contribuì al progetto con 1,7 milioni di dollari, incrementando del 28% il tasso di utilizzo della carta da parte dei consumatori. In Italia, nel 1987, il primo esempio di CRM è stato messo in piedi dalla Procter & Gamble con l’iniziativa “Missione Bontà” del marchio Dash. L’idea dei mattoncini della solidarietà (”mille lire per un mattone” era il claim dell’iniziativa) per la realizzazione di un villaggio per ragazzi in Kenia colpì molto positivamente i consumatori italiani, che decretarono il successo dell’iniziativa.