Cresce la domanda di Farmer Markets, i mercati gestiti direttamente dagli imprenditori agricoli. Eppure nel nostro Paese, questi mercati stentano a decollare, diversamente da quanto accade in paesi più sviluppati del nostro dal punto di vista della distribuzione commerciale come Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti dove i cosiddetti Farmers Market sono una realtà in rapida espansione.

Il loro numero è cresciuto negli Usa nell'arco di cinque anni del 30% passando da circa 3000 agli oltre 3700 interessando anche le aree di prestigio di grandi centri come New York e Los Angeles.

Nelle città della California l'appuntamento settimanale con il Farmers Market è diventato irrinunciabile per cittadini e turisti, ma anche per i locali negozianti che approfittano dell'aumento delle presenze sulle strade per incrementare le vendite. Un fenomeno che è riuscito in pochi anni a creare una realtà economica e occupazionale molto importante per le imprese, per il territorio e per l'intero Paese.

In Italia si torna a parlare di queste formule di commercializzazione che consentono di ridurre la catena del valore e abbattere i prezzi in concomitanza con i tanto discussi aumenti dei prezzi previsti nella stagione autunnale ormai alle porte.

Al rientro dalle ferie gli italiani devono fare i conti con l’aumento dei prezzi di molti beni alimentari di prima necessità come grano, latte e tutti i loro derivati. Si parla di incrementi percentuali compresi tra il 10 e il 20% per la pasta, tra il 20 e il 30% per le farine, tra il 10 e il 20% per il latte a lunga conservazione, e oltre il 20% per il burro. Ogni famiglia italiana spende all’incirca 467 euro mensili per gli acquisti alimentari, di cui il 51% (238 euro) destinato al commercio, il 30% (140 euro) all’industria alimentare e il 19% (solo 89 euro) alle imprese agricole.

Dati che devono far riflettere. Lungo la catena distributiva i prezzi dei prodotti alimentari lievitano enormemente: per il pane, la pasta fresca e i dolci il prezzo al consumo si moltiplica di 15, 20 e persino 70 volte.

Così se un chilo di grano costa all’incirca 0,20 euro alla fonte, un chilo di pane viene commercializzato ad un valore che oscilla tra i 2,5 e i 5 euro al chilo. Aumenti non certo giustificati da un calo nella produzione delle materie prime: recenti rilevazioni Ismea stimano un incremento dello 0,9% nella produzione del frumento duro e dello 0,6% del grano tenero. E mentre c’è chi auspica un ritorno alla produzione in casa di prodotti alimentari di utilizzo quotidiano, come il pane, c’è chi analizza il fenomeno dei mercati agricoli e individua un enorme potenziale di sviluppo, oggi frenato dai ritardi accumulati nell’emanazione dei previsti provvedimenti applicativi da parte del Ministero delle Politiche agricole.

Recarsi presso un mercato agricolo non costituirebbe un problema per molti consumatori, vista la domanda crescente di prodotti a prezzi contenuti, freschi e naturali, provenienti dal territorio limitrofo che non percorrono grandi distanze con mezzi inquinanti e non subiscono lunghi tempi di trasporto prima di giungere in tavola.

Non è un caso che (fonte: indagine condotta dalla Coldiretti e Agri 2000) quasi 7 italiani su 10 hanno effettuato degli acquisti direttamente presso imprese agricole, giudicandoli più convenienti con un aumento pari a 2,4 miliardi di euro del valore degli acquisti di vino, ortofrutta, olio, formaggi e altre specialità. La vendita diretta in campagna è un fenomeno che già coinvolge 48.650 aziende agricole (fonte: Coldiretti) con 21mila cantine aperte dove è possibile acquistare vino che, con il 41% delle aziende totali, è il prodotto maggiormente commercializzato direttamente, seguito dall'ortofrutta acquistata spesso lungo le strade durante gli spostamenti dell'esodo estivo con il 23,5%, dall'olio di oliva con il 16%, dalla carne e dai salumi con l'8%, dai formaggi comprati in malghe e caseifici con il 5%, mentre più ridotto è il numero di imprese che offrono miele (1%). Dall'analisi dei luoghi dove è possibile fare acquisti di prodotti della campagna emerge che due imprese agricole su tre utilizzano locali adattati all'interno dell'azienda dove vengono anche utilizzate strutture di facile allestimento da sistemare lungo i confini con le strade più trafficate, mentre molto diffusa (il 23,8%) è la partecipazione a mercati e fiere locali. Solo nel 2,2% dei casi vi è l'apertura di punti vendita esterni situati ad esempio nelle città, ma anche la consegna a domicilio (2,4%) che spesso si affianca alle altre modalità di commercializzazione.