Nell’era post crisi finanziaria molte imprese sono impegnate a riconquistare la fiducia dei clienti, spesso disorientati dalle notizie di cronaca, come i sequestri di tonnellate di prodotti alimentari ormai scaduti e pronti per essere nuovamente messi in commercio o i disastri ambientali di aziende che, pur professandosi eticamente responsabili, si scoprono essere nei fatti molto poco attente all’ambiente.

Un caso davvero emblematico è rappresentato dalla BP, azienda petrolifera responsabile di uno dei più gravi disastri ambientali. “Il caso BP è la dimostrazione del fallimento tecnologico di un’impresa e di chi l’ha certificata socialmente responsabile” commenta Duccio Bianchi direttore dell’Istituto di ricerche AmbienteItalia.

Eventi drammatici come quello provocato dalla BP sono dovute a scelte miopi che finiscono con il gettare cattiva luce indistintamente su tutte le imprese che si professano responsabili, danneggiando soprattutto chi, nella responsabilità sociale, ci crede per davvero. Mettere in discussione quello che le imprese comunica costituisce oltre che un danno di immagine, anche una forte penalizzazione in termini di business, visto che la responsabilità sociale di impresa è una leva forte nelle scelte di acquisto.

Recenti ricerche, infatti, compiute su questo tema hanno rivelato che i consumatori preferiscono acquistare prodotti di aziende che adottato processi etici ed ambientali. Una conferma proviene dallo studio Centromarca “Tra obiettivi di crescita e istanze sociali: la Marca alla sfida dello sviluppo responsabile”.

Condotto su un campione di 600 persone localizzate in 10 diversi paesi, lo studio conclude che la responsabilità sociale d’impresa è una motivazione di scelta di acquisto orte a livello europeo, ed ancor di più negli italiani intervistati.

Al momento dell’acquisto, a parità di prezzo e qualità, nella quasi totalità dei casi, i consumatori italiani scelgono prodotti di aziende socialmente impegnate (il 10% in più della media UE).

Sempre lo stesso studio rivela, inoltre, l’importanza della CSR per le strategie aziendali: “la buona reputazione di un marchio condiziona più del 60% delle scelte d’acquisto e l’impegno nelle buone cause è diventata ormai un fondamentale valore aggiunto per i consumatori, al punto che la responsabilità sociale è a tutti gli effetti parte integrante delle strategie di business di numerosi marchi”.

Le tematiche preferite dai consumatori italiani sono nell’ordine:
– “protezione ambientale” (84%)
– “comprensione e rispetto delle altre culture (76%).

 
Alle aziende non basta però professarsi socialmente responsabili per conquistare il favore dei consumatori, soprattutto italiani. Chi acquista oggi manifesta un certo scetticismo verso le imprese che si dichiarano responsabili.

Una ricerca di quest’anno di GFK Eurisko condotta su 46 leader di imprese responsabili italiane, soprattutto di maggiori dimensioni, indica che il 78% degli italiani assume un atteggiamento di “cautela” verso il “grado di assunzione di consapevolezza“ delle aziende. Molti italiani sono convinti che le imprese che operano in qualità di aziende socialmente responsabili lo facciano per migliorare la propria immagine piuttosto che per una effettiva convinzione.

Ed in effetti assai spesso si verifica uno sbilanciamento eccessivo verso la comunicazione aziendale anche negli investimenti: troppe imprese, secondo Antonio Gaudiuso, vice segretario nazionale di Cittadinanzattiva “investono “3” sullo sviluppo sostenibile e “15” sulla comunicazione”.

Per far crescere l’apprezzamento e la fedeltà nei consumatori è quindi utile comunicare ed adottare comportamenti socialmente ineccepibili, ma è soprattutto fondamentale che ogni dichiarazione si traduca in azioni concrete, altrettanto ineccepibili.