L'Italia ha un nuovo logo. Si chiama "It" ed è stato realizzato da un'agenzia americana, la Landor (vincitrice del bando per realizzare il logo su 70 agenzie partecipanti). Il tricolore lascia il passo ad un nuovo marchio in cui compare il nero, il rosso e il verde (a cui, a seconda dei casi, si può aggiungere uno sfondo bianco).

Un simbolo che ha entusiasmato il premier Romano Prodi («è estremamente bello») e il vice premier Francesco Rutelli («si presta ad innumerevoli declinazioni»), in cui, come ha spiegato il concept del progetto dell’agenzia Landor, «convivono maschile e femminile, passato e futuro, serietà e ironia, stabilità e movimento, razionalità e fantasia, dovere e piacere». Con questa operazione «si vuole trasmettere il progetto di un paese più affidabile e responsabile, ma sempre connotato da eleganza, creatività, flessibilità e vitalità». Un Paese «capace di evolvere e guardare al futuro senza cancellare i tratti migliori della sua identità». Ma non mancano le perplessità sulla scelta di affidare la creazione del nuovo simbolo dell'Italia ad un estro creativo oltre confine, tra cui LORENZO STRONA, Presidente dell'Unicum da cui riceviamo e trasmettiamo le seguenti dichiarazioni.

"Ritengo di una "modestia" sconcertante il segno grafico scelto come marchio destinato a firmare le iniziative a sostegno del turismo italiano. […] In merito alla decisione di affidare questo progetto ad una referenziatissima impresa americana, anziché ad uno dei tanti ed altrettanto bravi graphic designer del nostro Paese, mi pare si possa azzardare l'opinione che sia quantomeno inutile celebrare l'Italia come la culla dell'arte e della creatività e poi, alla prima occasione, forse temendo l'accusa di provincialismo, correre ad affidarsi ai "guru" americani del branding. Degna di nota e del tutto condivisibile, a questo proposito, è l'amarissima dichiarazione del Presidente della Triennale (inizialmente prevista come location per la presentazione del contestatissimo marchio), Davide Rampello: " …un logo americano per l'Italia mortifica i tanti bravi designer italiani – penso a Mario Bellini, Pierluigi Cerri, Bob Noorda, Ettore Sottsass – proprio nella sede dove verrà allestito il Museo del design italiano…". Ma ahimè il discusso "it" non è che la punta dell'iceberg. Una dichiarazione del Ministro Rutelli chiarisce le intenzioni sulle iniziative che verranno intraprese per illustrare al mondo i punti di forza dell'offerta turistica italiana: "concentreremo il nostro impegno su tre capisaldi: la montagna, il golf ed il turismo in bicicletta".

Niente da dire sulla montagna (anche se, nell'immaginario collettivo dei nordeuropei e degli americani, l'idea della vacanza in montagna si associa, piuttosto che al nostro Paese, alla Svizzera ed all'Austria), ma decidere di promuovere il turismo golfistico in un paese dove le infrastrutture dedicate sono – soprattutto nel Mezzogiorno – assolutamente carenti e comunque non paragonabili a quelle proposte dai nostri competitor, mi pare un azzardo assolutamente fuori luogo.

Ma la "perla" è il turismo in bicicletta: ve li immaginate gruppi di ciclisti, muniti di zainetto regolamentare e caschetto protettivo, impegnati a zigzagare tra gli autotreni sulla Via Emilia o sulla Paullese, inspirando a pieni polmoni, dosi da cavallo delle vituperatissime polveri sottili e delle altre schifezze che contaminano l'aria della pianura padana? Al cospetto di simili manifestazioni di "creatività" l'orgoglio di patria rischia di subire un fiero colpo. Ma – proprio perché non tutto il male viene per nuocere – finisce per ridimensionarsi anche il pregiudizio di molti connazionali nei confronti dell'esecutivo in carica, per lasciare spazio ad interrogativi e considerazioni più orientate alla razionalità. Una per tutte: "In che mani – e alla mercé di quali "menti" – abbiamo messo il futuro di questo nostro Paese?"