L’attuale di crisi economica globale induce molti osservatori ed esperti a prevedere una significativa crescita del temporary management, a fronte di un crescente numero di imprese, la maggior parte delle quali piccole e medie, esposte a situazioni di forte tensione, di natura addirittura pre-fallimentare.

L’assunzione, vera nella sua sostanza, richiede alcuni distinguo, in primis tra crisi di natura economica, in qualche modo prevedibile in funzione delle specificità dei singoli settori produttivi, e crisi di natura finanziaria che, in funzione del temuto fenomeno del restringimento del credito, può colpire, in maniera più subdola, aziende economicamente sane.

Nella realtà il concetto di crisi è articolato e complesso e comprende diverse situazioni di discontinuità: una prima utile distinzione è quella tra declino e crisi:
– il declino, inteso come perdita di valore dell’impresa nel tempo, può essere in un certo senso visto come un passaggio fisiologico della vita d’impresa;
– la crisi, che del declino è una degenerazione, rappresenta un fatto straordinario la cui soluzione consiste spesso in un processo di risanamento che modifica in maniera anche profonda l’impresa, arrivando nei casi più gravi fino alla cessazione o alla liquidazione.

Tecnicamente, con il termine crisi si identifica una situazione di grave e perdurante instabilità dell’impresa, dovuta a risultati economici fortemente negativi, significativi squilibri nei flussi finanziari, diminuita capacità di credito, insolvenza.

Dal declino alla crisi è solo una questione di tempo, con la complicazione oggi della crisi globale a far da acceleratore all’intero processo. Anche a fronte di risultati di gestione al momento molto positivi, è quindi necessario da subito tenere sotto stretta osservazione una serie di indicatori e di segnali per poter giocare d’anticipo ed evitare un rapido processo degenerativo.

Buoni indicatori finanziari sono ad esempio la presentazione in ritardo dei bilanci, la caccia a qualsiasi forma di finanziamento, il focus sull’attività finanziaria, il reporting non adeguato, mentre buoni indicatori esterni possono essere tensioni continue in CdA, un’alta litigiosità generalizzata e non nascosta, mutamenti continui e repentini nelle strategie, un aumento dei consiglieri non esecutivi.

A livello di percezione generale, in una situazione di crisi l’attenzione e gli sforzi del top management sono concentrati in gran parte sulla gestione straordinaria e sulla sopravvivenza piuttosto che sulla gestione ordinaria e su obiettivi di continuità: per sintetizzare il concetto si usa spesso l’espressione special situatione. La crisi globale ha diversi impatti a seconda dello stato di benessere dell’azienda: sulle aziende che vanno bene, in quanto comunque l’effetto crisi potrebbe non essere diretto, perchè potrebbe propagarsi attraverso clienti, fornitori o attraverso il sistema bancario sulle aziende in declino, in quanto si riduce di molto il tempo prima che la crisi diventi declino su quelle già in crisi, amplificandone situazioni già di per sè difficili. Si tratta sempre e comunque di forti discontinuità che richiedono, specie alle PMI, un significativo apporto di competenze manageriali, che, nei primi due casi, avrebbero una funzione praticamente anti-ciclica. In tutti i casi, molte delle peculiarità del TM possono rivelarsi molto utili e vantaggiose:

LA VELOCITA' DELL'INTERVENTO IN TUTTE LE FASI DEL PROCESSO: nella fase di ricerca e selezione del manager, non passano di norma più di 5/7 giorni tra il momento in cui l’azienda decide l’avvio di un progetto e il momento in cui il manager entra in azienda nelle fasi operative di presa di contatto con il problema, disegno della soluzione e sua implementazione, la sovraqualificazione del Tman garantisce tendenzialmente che tutto avvenga con la massima efficacia ed efficienza gestionale

L’OBIETTIVITA' E LA TERZIETA' DEL MANAGER: che spesso rappresentano una significativa garanzia per gli stakeholder in genere, ma soprattutto per quelli bancari e finanziari

I GRADI DI LIBERTA' CHE UNA SOLUZIONE DI TM GARANTISCE: specie in periodi di grande incertezza, può rivelarsi opportuno e strategicamente accorto non precludere alcuna opzione futura (come nel caso di scelta di un dirigente permanente), ma mantenere aperte diverse opzioni, pur garantendo il presidio di una data situazione con manager di alto livello. Comincia a vedersi sul mercato il caso di aziende che, dovendo sostituire un dirigente permanente, iniziano a valutare l’alternativa di un TMan sovraqualificato per un progetto relativamente lungo (2 o 3 anni)

LA CAPACITA' DI TRASFERIRE KNOW-HOW ALLA STRUTTURA DA PARTE DEL MANAGER INTESA IN DUE SENSI: competenza specifica di natura funzionale mirata alla razionalizzazione degli strumenti di gestione esistenti, all’ introduzione di nuovi processi e metodi di gestione, alla garanzia dell’ efficacia operativa e della messa a regime e, soprattutto, al trasferimento delle competenze per l’ autonoma gestione a regime all’intera struttura e in particolare ad un manager più junior che il temporary manager dovrà affiancare ed “allenare” competenza legata ad operazioni di tipo non ordinario, che imprenditori e manager anche bravi, ma abituati a contesti di crescita e sviluppo, potrebbero far fatica a gestire, ma anche la capacità psicologica di convivere con una congiuntura difficile.

E' UNA SOLUZIONE A COSTI CERTI, COMUNQUE VARIABILI e in buona parte legati ai risultati e senza alcuna complicazione ed onere legato al termine dell’ incarico. Diverse sono le modalità con cui intervenire in funzione delle diverse situazioni di discontinuità in cui l’impresa si trova o può venire a trovarsi:
– se l’intervento ha un chiaro scopo anti-ciclico e preventivo, sarà senz’altro sufficiente un processo di ristrutturazione e di risanamento funzionale in una o più delle aree maggiormente soggette a pressione (es. le operations e le attività produttive, la gestione del credito, la gestione del personale, la razionalizzazione delle attività all’estero)
– se l’impresa è già in una situazione di declino, l’intervento ristrutturazione e di risanamento sarà certamente più ampio e guidato da un nuovo amministratore delegato, tendenzialmente con il solo coinvolgimento di risorse interne e di stakeholder sempre interni. In simili situazioni non è infrequente l’intervento di un team di manager funzionali a supporto della direzione d’azienda, tipicamente uomini di operations e di finanza se l’azienda è già in fase di crisi, ma reversibile, alle azioni di cui sopra si accompagnerà molto verosimilmente un’operazione di ristrutturazione del debito e un rilevante sacrificio verrà richiesto agli stakeholder
– se invece la crisi è irreversibile, ad esempio in una situazione patrimoniale negativa, è necessario avviare e realizzare un vero e proprio cambiamento di rotta (turnaround), che si caratterizza per intensità del cambiamento (quantico e non più incrementale) e per l’ampiezza degli interessi coinvolti (stakeholder esterni, cui sono richiesti pesanti sacrifici, e, talvolta, autorità amministrative e giudiziarie). In queste situazioni, a differenza delle precedenti, si verifica una discontinuità tra società e azienda.

Mentre i primi tre casi sono sostanzialmente legati alla presenza di management adeguato e alla libera negoziazione con alcuni stakeholders (tipicamente banche e fornitori), l’ultimo, fino a 2 anni fa, era fortemente vincolato dalla carenza, in Italia, di una normativa ispirata agli orientamenti principali affermatisi con successo in altri contesti nazionali: l’istituzionalizzazione del ricorso a istituti e procedure di stampo privatistico da un lato, salvaguardia della sopravvivenza dell’impresa e degli interessi dei vari stakeholder, non più dei soli creditori dall’altro (a puro titolo di cronaca per i non esperti, si ricorda che la precedente normativa risaliva al 1942).

La nuova legge è infatti fortemente orientata alla creazione di un contesto favorevole al recupero dell’impresa in difficoltà e al mantenimento della sua continuità, considerando come solo come estrema ratio l’ipotesi di chiusura: non è casuale che essa sia stata pensata e introdotta nell’ambito del cosiddetto decreto sulla competitività, per ridare fiato soprattutto al comparto delle PMI.

cura di Maurizio Quarta – Temporary Management & Capital Advisors – http://www.tmcadvisors.com