La crisi economica internazionale colpisce duro in tutti i settori e a tutti i livelli. Gli studi professionali hanno assistito nel corso del 2009 ad una pesante flessione in termini di ricavi ed occupazione.

Secondo il Cup (Comitato unitario degli ordini e dei collegi professionali) nel 2009 in Italia saranno quasi 300 mila i posti di lavoro persi da liberi professionisti a partita Iva. Risorse umane penalizzate nel mercato del lavoro perché per loro non sono previsti ammortizzatori sociali o misure di tutela straordinarie.

Molti di loro dovranno cercare di riconvertirsi, sperimentare altri settori o addirittura cambiare lavoro. Grandi studi e piccole realtà che nel 2008 hanno guadagnato in media 15 mila euro in meno, hanno dovuto tagliare i budget destinati alle consulenze e alle risorse umane. In crisi anche i circa 800 mila lavoratori autonomi che lavorano in proprio o sono titolari degli studi.

Architetti. Colpiti «a macchia di leopardo», questi professionisti pagano lo stallo del mercato immobiliare e la crisi che ha investito il settore dell’edilizia. Per loro c’è poco lavoro: molti progetti sono riposti nei cassetti in attesa di tempi migliori. Grandi studi con 20-25 dipendenti hanno ridotto il personale ai minimi termini (anche 4-5 unità). Ingegneri. Analoga è la sorte per gli ingegneri. Vivono una situazione critica in virtù della stagnazione del mercato immobiliare. Gli studi più piccoli, con 2-3 persone resistono, in attesa che i mesi peggiori passino. Ma le prospettive per queste piccole imprese non sono rossee per il futuro.

Geometra. Se la passano forse meno peggio di altri professionisti. Ma ormai la parola d’ordine per loro è accettare qualunque lavoro, anche il più umile, perché l'importante è rimanere sul mercato. Di lavoro non ce n’è tanto come dimostrano le poche gru in funzione. Commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro. Per loro il calo del fatturato stimato è del 15% circa. I commercialisti, in particolare, tra dichiarazioni dei redditi e altri adempimenti fiscali continuano a lavorare. Ma si tratta per loro di lavoro poco redditizio, mentre si sono volatilizzate le operazioni più importanti: dalle acquisizioni di aziende, ai passaggi di mano di rilevanti proprietà immobiliari.
Avvocati. Ci sono troppi avvocati in un momento in cui la tendenza è quella di rimandare il ricorso ad un legale a momenti migliori. Così se da un lato molti grandi studi tagliano gli organici spesso rinunciando alle giovani leve, i professionisti che lavorano in autonomia da molti anni cercano di resistere. Per questi ultimi non ci sono grandi alternative: che potrebbe fare un avvocato di 50 anni? Per i giovani è ancora più difficile. Lo conferma Maurizio de Tilla, presidente dell'Oua, l'organismo unitario dell'avvocatura: “quelli che fanno gli avvocati d'ufficio e che non ricevono i compensi dallo Stato da due anni”. I giovani che scelgono si unirsi e dar vita a piccoli studi sono penalizzati dal codice Merloni: non hanno un curriculum tale da poter accedere agli appalti pubblici.
Notai. Anche loro risentono del crollo delle compravendite e del calo delle stipule di mutui e della costituzione di nuove società.

Ad accrescere la sofferenza del momento è anche il crescente ritardo nei pagamenti. Negli ultimi mesi sono aumentati i tempi che intercorrono tra una prestazione ed il pagamento, sempre che i professionisti riescano a far onorare le parcelle ai clienti. Spesso per mantenere il cliente, si evita di andare per vie legali, ma nei casi peggiori, quando sono esauriti tutti i tentativi di conciliazione bonaria, si arriva a chiedere l'intervento del tribunale per ottenere un pignoramento. Talvolta si sceglie la strada di un accordo che consente di ottenere poco ma subito. Nello scorso anno è aumentato il numero di professionista che vanno in tribunale: è sempre più frequente il caso di commercialisti, avvocati, ingegneri, architetti che arrivano a chiedere l'avvio di una esecuzione per piccoli crediti (anche di 3 mila euro). Ormai nel 2008 il numero dei procedimenti sollecitati dagli istituti di credito e quelli dei liberi professionisti sono praticamente equivalenti.

L’altra faccia della medaglia è la ricerca di nuove soluzioni per abbattere i costi fissi: si sta affermando soprattutto nelle grandi città il «coworking» e la condivisione degli spazi di lavoro: avere un ufficio condiviso è un modo utile ed economico per far quadrare i conti a fine mese.

Addirittura c’è chi offre nuovi servizi dedicati ai business man: nella capitale, in un ristorante nei pressi di via Veneto, un ristorante offre, compreso nel menù, una sala riunioni in cui i professionisti possono lavorare indisturbati, inviare fax, navigare sul web ed eventualmente richiedere uno schermo per proiezioni.