La stagnazione economica iniziata in Italia nel 2001 si è aggravata nel corso del quinquennio successivo più della media europea.

Ma per fortuna quest’anno si iniziano a intravedere segnali di recupero che potrebbero far ridurre il divario della media UE. Segnali che sono una conseguenza del processo di selezione naturale delle imprese in atto nel nostro Paese.

Le aziende più forti e grandi stanno sopravvivendo concentrandosi su prodotti di fascia qualitativa superiore, meno vulnerabili alla concorrenza dei paesi emergenti. Quelle più deboli, specializzate in produzioni a più basso valore unitario, stanno spostando le proprie unità produttive all’estero o stanno chiudendo definitivamente i battenti.

Dal punto di vista delle esportazioni italiane si sono registrati tassi di crescita elevati in America Latina, Medio Oriente, Europa orientale, Asia centro-meridionale e Africa sub-sahariana, discreti in America settentrionale.

La flessione delle quote di mercato è stata invece (tra i principali paesi fa eccezione la Russia, dove la quota è rimasta invariata) particolarmente forte nell’UE, in Medio Oriente e in Nord Africa. Perdite subite dall’Italia come anche dagli altri maggiori paesi industrializzati, a vantaggio sia della Cina e dei nuovi concorrenti, che dei produttori di materie prime.

Per quel che riguarda la situazione dei singoli comparti, mentre prosegue la crisi nelle produzioni manifatturiere tradizionali e del turismo, le migliori performances si registrano nella meccanica strumentale, in alcuni settori dell’industria e nel terziario avanzato. Sono in difficoltà le esportazioni di abbigliamento, elettrodomestici, mobili e calzature. Aumentano quelle di prodotti alimentari, farmaceutici, derivati del petrolio e di altri settori caratterizzati da una maggiore incidenza di grandi imprese (tubi in ferro e acciaio e una parte dell’industria elettronica).

Con qualche eccezione, si può nel complesso affermare che negli ultimi anni le quote di mercato delle esportazioni italiane hanno subito i cedimenti più vistosi nei prodotti finiti tipici del made in Italy, mentre si sono consolidate nei beni intermedi. Nel settore dei servizi, invece, il peggioramento della crisi del turismo è stato accompagnato da una crescita delle esportazioni di servizi alle imprese, inclusi quelli tra imprese collegate, presumibilmente associati a processi di frammentazione internazionale delle attività produttive.

All’interno del quadro globale è possibile individuare ulteriori differenze tra le diverse regioni italiane. Le regioni insulari, specializzate nella raffinazione dei prodotti petroliferi, hanno beneficiato del forte rincaro del greggio sui mercati internazionali.

Nell’Italia nord-occidentale la situazione è migliorata grazie al recupero della Lombardia, sia in alcuni settori tradizionali (calzature e mobili), sia nella chimica e nell’elettronica. La “terza Italia”, che include Nord-Est e Centro, è in difficoltà, soprattutto per le forti perdite subite nell’ultimo quinquennio da Veneto e Toscana nei beni di consumo tradizionali e dal Lazio nella chimica e nell’elettronica. Avanza solo l’Emilia-Romagna grazie al successo di autoveicoli e meccanica, inclusi gli elettrodomestici.