Negli ultimi tre anni, l’Italia ha visto decrescere le esportazioni di beni e servizi. Una situazione in linea con la tendenza in atto negli altri paesi dell’area euro, ma più accentuata che altrove.
Dal rapporto trimestrale economico curato dalla Commissione Europea sull’area dell’euro e sull’export emerge un quadro allarmante. Perché negli ultimi anni l’Italia “ha fatto i conti con l’apprezzamento del cambio in termini reali più ampio nell’eurozona, sia se misurato in prezzi all’esportazione, sia in costi per unità di lavoro”. Fattori che hanno avuto ripercussioni pesanti sugli sviluppi della competitività dei costi e sulle quote di mercato, visibilmente ridotte. Inoltre sebbene in una misura inferiore, la crescita dell’export dell’Italia è stata danneggiata da una sfavorevole specializzazione delle esportazioni”.
Una diagnosi impietosa per l’Italia, più pesante che per gli altri tre grandi della zona euro, Germania, Francia e Spagna, dove esistono elementi economici più confortanti:
Berlino: buon andamento dell’export hi-tech e sviluppi favorevoli sul costo del lavoro per unità;
Madrid: crescente integrazione nell’economia mondiale e flussi di investimenti diretti stranieri;
Parigi: buona distribuzione geografica e settoriale dell’export (nonostante le grandi difficoltà sul fronte delle esportazioni).
Secondo Bruxelles, l’Italia è l’unico Paese ad aver perso l’1% nell’export di beni e servizi (incluso il commercio all’interno della zona euro). Escludendo i servizi, solo la Grecia ha evidenziato una performance peggiore. Per l’export dei soli prodotti, tra il 2000 e il 2003, l’Italia (-7,3%) è in posizione di coda, superata però da Francia (-9,5%) e Grecia (-10%). Dal 2004 il nostro import-export è sempre stato negativo: nel primo trimestre del 2005 il passivo dei conti extra Ue è stato più che doppio rispetto al primo trimestre del 2004 (3,743 miliardi di euro, contro i 1.795 milioni). La crisi, dunque, è alle porte e va combattuta: senza pronti ed opportuni interventi governativi, gli analisti prevedono che a fine 2005 il passivo potrebbe sfiorare i 5-6 miliardi, una cifra che potrebbe crescere ulteriormente se l’Ue non frena l’invasione della Cina sui mercati europei.