Il made in Italy conquista anche il Giappone. Per un’azienda o un prodotto italiano farsi strada nel mercato giapponese, infatti, oggi è possibile ed è certamente più semplice che in passato grazie anche al forte impegno che le autorità italiane stanno elargendo nei confronti di questo importante mercato. Un impegno che, se da un lato sta dando già buoni risultati, dall’altro ha potenzialità ancora tutte da verificare. Potenzialità che potranno essere meglio colte se le istituzioni italiane sapranno coordinarsi e soprattutto effettuare una ripartizione di compiti e responsabilità.

L’importanza del Giappone e, più in generale dell’Asia, per il Sistema Italia nelle dinamiche della globalizzazione è stato ribadito anche durante il recente meeting delle Camere di Commercio dell'Asia (più Sudafrica) svoltasi a Tokyo per fare il punto sulle prospettive di sviluppo regionale delle aziende italiane e sulle modalità di conquista del consumatore asiatico.

Così mentre la politica italiana ha finito di trascurare l'Asia, le classi medie e alte dei Paesi asiatici trovano nel made in Italy un simbolo di affermazione sociale, aprendo nuove opportunità di business per le aziende italiane che intravedono sbocchi di mercato e molteplici occasioni di insediamento produttivo. Un quadro molto interessante, quello delle relazioni italo-giapponesi che è stato ricostruito dal Presidente della Camera di Commercio in Giappone, Romano Mazzucco, il quale ha sottolineato la rivoluzione enogastronomica in corso non solo nei ristoranti, ma anche nelle abitudini domestiche di milioni di famiglie nipponiche: olio d'oliva, aceto balsamico e vino lottano ormai con salsa di soia e sakè. «Sono certo che questo fenomeno finirà per replicarsi per tutta l'Asia, India e Cina».

Se il Giappone è il Paese che più ci ama e ci conosce di più, la lezione nipponica sembra poter essere esportata anche nel resto del continente asiatico. Purché si faccia «attenzione a non annacquare l'immagine del made in Italy con delocalizzazioni affrettate», un’interresante raccomandazione giunta in una tavola rotonda da un uomo d'affari di lungo corso, esperto del made in Italy in Asia, Toshiaki Tashiro.

Dell’Italia sembrano essere più apprezzati e conosciuti i brand che la cultura. In un video presentato da Davide Cucino della Camera di Pechino, emergono chiaramente le differenze di percezione popolare dell'Italia tra il 2003 (quasi inesistente) e quella più recente. E un sondaggio ha confermato, un po’ a sorpresa, che i cinesi considerano ormai relativamente facile trovare prodotti italiani. Fuori dal Giappone la consapevolezza delle capacità dell'industria italiana sul piano tecnologico appare avanzata, ma deve crescere ancora molto per riuscire ad aggredire il fronte dei consumi.

I NUMERI
In Giappone, il nostro è il Paese più amato (l'Italia con l'82% delle preferenze batte anche la Francia, con il 72%), secondo un'indagine commissionata dalla Camera di commercio italiana a Tokyo.
La pasta (35%) si conferma il prodotto più venduto, seguita dal vino (20%) e dai capi d'abbigliamento (18%)