I legami: con il territorio, prima di tutto, ma anche con le università e i centri di ricerca in Italia e nel mondo. E poi con i giovani.

È un po' questa la parola chiave emersa ieri nel corso del seminario su «Significati, valori e prospettive della cultura d'impresa» aperto nella sede milanese del Sole-24 Ore dal presidente Giancarlo Cerutti, e dove è stata presentata la ricerca realizzata da GfK Eurisko per conto della commissione cultura di Confindustria, in collaborazione con Il Sole-24 Ore.

Alberto Meomartini, presidente di Snam Rete Gas, lo ha detto chiaramente: «I valori positivi che emergono dalla ricerca sono soprattutto nei legami, e le aree virtuose sono quelle in cui questi legami esistono».

Lo ha ribadito, da un altro punto di vista, Massimo Egidi, rettore dell'Università Luiss di Roma: «Una differenza significativa tra Stati Uniti ed Europa sta nel fatto che in America c'è una fortissima integrazione tra imprese e ricerca e i risultati di quest'ultima si traducono in realizzazioni concrete in pochissimo tempo». Non è mancato, nel discorso di Egidi, anche un accenno di autocritica: «per entrare in forte contatto con il sistema delle imprese – ha ammesso – le università devono fare bene il proprio lavoro. E devono insegnare ai giovani che avere coraggio ed essere onesti è premiante».

La cultura d'impresa deve uscire dalle mura dell'azienda: «dove si crea un dialogo con il territorio nascono situazioni virtuose» ha ricordato Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole-24 Ore, e Pasquale Gagliardi, della Fondazione Cini di Venezia, ha aggiunto: «Dalla ricerca emerge chiaramente un'immagine delle imprese come portatrici di stimoli: queste logiche positive dovrebbero contagiare anche altre sfere della società. L'impresa dovrebbe diventare sempre più un soggetto moralmente responsabile».

Per Maurizio Costa, vicepresidente e a.d. di Mondadori e presidente della commissione cultura della Confindustria, la responsabilità sociale rientra nel «fare bene il proprio lavoro». Una responsabilità a 360 gradi, che coinvolge tutti gli stakeholder, coloro cioè che con l'impresa hanno a che fare, a diverso titolo.

«La ricerca – ha detto Costa – individua elementi positivi, come la percezione che l'impresa svolge un ruolo utile anche per la società, ma anche elementi di criticità: un richiamo all'onestà e all'etica. Ora però – ha aggiunto – bisogna passare a interventi concreti, anche sul fronte della formazione, della capacità di porsi verso i giovani».

Ma, avverte Gianfranco Rebora, rettore dell'Università Liuc di Castellanza, «ai ragazzi non dobbiamo proporre dei catechismi bensì delle esperienze. Non consideriamo la cultura d'impresa come un giacimento, ma come qualcosa di vivo. E – aggiunge – mettiamoci un po' tutti in discussione, evitando di rimpallarci dei precetti».

Ed evitando, sostiene Enrico Montangero, figura storica dell'advertising italiano, «di dissociare i comportamenti dai risultati, di scaricare le responsabilità sugli altri». Elemento positivo della cultura d'impresa è anche quello dell'innovazione, «un tema che va approfondito e su cui bisogna costruire nuove identità» ricorda Federico Butera, ordinario di sociologia dell'organizzazione all'Università di Milano-Bicocca. E Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria, nel suo intervento di chiusura riprende il tema dei legami: «La scommessa della fertilizzazione della cultura d'impresa – dice – è una frontiera che dobbiamo esplorare».