Il 2005 sarà probabilmente ricordato dagli operatori del comparto degli elettrodomestici come l’anno del boom dei prodotti non brandizzati a basso costo, per lo più provenienti dalla Cina. Prodotti che nei primi mesi del 2005 registravano tassi di crescita che si aggiravano intorno al 50%, mentre i prodotti di marca, al contrario, annaspavano. La situazione si è poi completamente ribaltata.

Già alla fine del 2005 le curve relative alle vendite di prodotti di marca e non di marca, molto distanti tra loro all’inizio del 2005, si sono progressivamente avvicinate.

Il sorpasso vero e proprio è avvenuto nel 2006, quando l’intero comparto è cresciuto complessivamente del 12%, sfondando la soglia del miliardo di euro e vendendo oltre 20 milioni di pezzi (+9,6%).

Ma le performances dei prodotti di marca e non di marca sono state molto differenti: i primi, infatti, aventi un prezzo medio di 61 euro hanno ripreso quota portando la percentuale di mercato dal 75,5 al 78,5% mentre i secondi (la fascia di primo prezzo (29 euro) è scesa dal 24,4 al 21,5%.

Il calo dei piccoli elettrodomestici no-brand è stato più evidente (circa 6-7%) a marzo e a Natale, un periodo, quest’ultimo, in cui si realizza una fetta consistente del business. Nessun analista è in grado di stabilire con certezza le ragioni che hanno determinato questa situazione e se il fenomeno diverrà strutturale, con il definitivo calo delle importazioni del no-brand "made in China" che ha costretto gran parte dell'industria europea del settore a delocalizzare in Asia.

E non può passare certo inosservato il ruolo della grande distribuzione che dopo aver fatto il pieno di prodotti a basso prezzo, ha ridimensionato gli spazi dedicati a questa tipologia di prodotti a causa dei bassissimi margini sulle vendite.

Questo spiega perché, ad esempio, negli ipermercati oggi i consumatori trovano sempre meno prodotti di primo prezzo sugli scaffali e meno opportunità di acquisto.

E non è certo irrilevante il fattore qualità: i consumatori ritengono che lo sconto sul prezzo non sempre può compensare la percezione di carenza di affidabilità e sicurezza.

Ecco che si aprono nuovi spazi per i costruttori italiani che chiedono più controlli sui prodotti importati, più verifiche sul rispetto delle norme vigenti e sulla correttezza delle prestazioni di apparecchi che molto spesso vengono immessi nel mercato europeo con false dichiarazioni di congruità. Si tratta soprattutto di piccoli elettrodomestici e condizionatori di primo prezzo, che distruggono l'immagine del "made in Italy" e colpiscono la redditività delle imprese.