Lo scorso aprile la candidatura di Giulio Andreotti alla Presidenza della Repubblica è stata la spia di un fenomeno allarmante. La classe politica italiana, proprio come il resto della popolazione, invecchia inesorabilmente.

Se Blair e Zapatero sono diventati premier a 43 anni e probabilmente lasceranno la politica prima di arrivare all'età attuale di D'Alema, il nostro Premier ha 66 anni e per Dalema ci saranno almeno altre tre occasioni per scalare il Colle, fino al 2027, quando avrà raggiunto i 78 anni.

Un mondo politico, il nostro, diverso dai principali partner europei: la “giovane” Spagna di Zapatero (giovanissimo era anche il predecessore Aznar quando diventò premier), la “giovane” Gran Bretagna di Blair, la “giovane” Germania della cinquantenne Merkel e la “giovane” Francia della candidata socialista all’Eliseo Ségolène Royal. Il quadro che emerge dall’analisi demografica del nuovo Governo (fonte: Il Sole 24Ore) è sconcertante. Quasi il 40% dei deputati e il 46% dei senatori del nostro Parlamento hanno età compresa tra 50 e 59 anni (e il 22% alla Camera e il 35% al Senato hanno più di 60 anni). La sfida elettorale per la Presidenza del Consiglio ha visto contrapposti Prodi (66 anni) a Berlusconi (69 anni).

Il predecessore di Napolitano, Ciampi ha 85 anni. Tutti i candidati, D’Alema, Casini, Fini, Veltroni, etc., hanno tutti superato i 50 anni.

Giulio Andreotti, 87 anni, candidato alla presidenza del senato; Giorgio Napolitano ha 81 anni; Rita Levi Montalcini, premio Nobel e senatrice ha 97 anni.

E mentre in altri paesi vale la regola che chi perde nella gara per il posto di premier non si ripresenta, in Italia c'è una seconda possibilità per tutti. Basti pensare che Andreotti, 26 volte membro del governo, ha sfiorato lo scorso aprile la seconda poltrona dello stato. Di conseguenza lo spazio per i giovani nel nostro Parlamento è molto ridotto: nessun eletto ha meno di 29 anni, appena l’8% ha da 30 a 39 anni. “Giovani usa e getta: fanno vincere l’Unione ma alle Camere non entrano”, sostiene Il Sole 24Ore, mentre sulle pagine di Repubblica Edmondo Berselli tuona: “sembra che si siano inceppati tutti i meccanismi di reclutamento del personale politico, tutti i congegni di selezione, tutte le modalità di formazione e ricambio della classe dirigente”.

Al di là del rinnovamento auspicato la politica italiana continua a premiare gli anziani, relegando ai margini giovani e donne, ovvero le componenti sociali più attive, innovative e creative.

Ma perché tanta ostruzione verso le giovani leve? Con questa classe politica diventa sempre più difficile credere che ilnostro paese possa vivere una fase nuova, di innovazione e riforme strutturali. Un'anzianità diffusa che non è altro che la manifestazione di un fenomeno diffuso di gerontocrazia che riguarda la società italiana nel suo complesso.

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