Siamo di fonte ad una svolta importante. Le aziende sportive ammiccano sempre più al mondo fashion e viceversa.

La ragione di questa svolta è da ricercare principalmente nelle difficoltà che tutte le aziende di abbigliamento incontrano, in maniera quasi indiscriminata, sul mercato. Ecco che per molti lo sconfinamento dall’abbigliamento sportivo al mondo della moda è stata una scelta quasi obbligata.

Con esiti davvero sorprendenti.

Due aziende nostrane, ad esempio, specializzate nello sport wear stanno promuovendo nuove linee meno sportive e più alla moda.

Diadora partendo dal mondo del calcio è approdata nel mondo delle collezioni di sneaker in collaborazione con il designer Max Verre; l’azienda Lotto ha presentato una nuova collezione chiamata “designer cut”.

O la Freddy che specializzata nella produzione di capi per il fitness si è imposta nel segmento dell’abbigliamento per il tempo libero, facendo toccare al suo fatturato cifre da capogiro in soli 3 anni (oltre 50 milioni di euro).

Gli sconfinamenti dal mondo dello sport a quello dell’abbligliamento non sono a senso unico. Basti pensare al designer Dirk Bikkemberg che dalla produzione di scarpe di moda ha ampliato la sua offerta con abbigliamento total lokk e capi per il calcio o all’azienda Puma che nel 1998 ha lanciato insieme al designer Jil Sander la prima collezione di sport in chiave moda. Un cambiamento che non si riflette ancora del tutto nel mondo del retail, che secondo un’indagine condotta Emanuele Giangreco della società Arthur D. Little, può rappresentare “la chiave per sviluppare le vendite sui mercati europei attraverso formati innovativi sia attraverso negozi monomarca sia attraverso il controllo di spazi dedicati all’interno di catene specializzate”.

Interessante è il caso Lacoste, pioniere dell’apertura di punti vendita in franchising (150 in Spagna, 32 in Germania, 38 in Italia, 12 in UK) sparsi sul territorio. Punti vendita che garantiscono alla casa madre immagine ed esclusività.